venerdì 7 ottobre 2011

Maestri dello spazio - di Lunettes Rouges


Certo, il Beato Angelico è un soave pittore di dolci Madonne e di Cristi dolenti, ma questa mostra al Musée Jacquemart André (le cui sale sono state un po’ ampliate: vi saranno meno code? fino al 16 gennaio) è stata per me soprattutto l'occasione per comprendere meglio il suo senso del luogo, della costruzione dello spazio. 
Ma innanzi tutto, la prima sala offre l’opportunità di incollare il naso alla Tebaide proveniente dagli Uffizi (dove mi sembra non ci si possa avvicinare così tanto alla tavola). 
Questo pannello di due metri di larghezza, il suo primo o secondo dipinto (nel 1420, aveva 20 anni), è fatto per essere guardato da vicino, perchè questo quadro sulla vita dei monaci nel deserto offre una serie di scenette didattiche, edificanti o divertenti (vi consiglio caldamente l'acquisto della collezione di quindici cartoline che riproducono questi dettagli). La vista d’insieme ci sorprende perchè tutto appare appiattito, le barche e le case in primo piano sono di proporzioni minuscole (si veda la barca dove diavoli neri portano via un dannato), mentre i monaci si muovono in un paesaggio roccioso ombreggiato e plastico, ma senza prospettiva (ritornerò più avanti sulla prospettiva). Lo sguardo non sa dove posarsi, se non forse sul funerale in basso, sul catafalco rosso e sul personaggio con la testa da rabbino che vi assiste. Dal catafalco, gli occhi corrono a due donne in abito rosso, le sole donne del dipinto: stanno tormentando un monaco? Sarà senza dubbio la mia immaginazione, ma mi è sembrato di vedere un serpente strisciare dietro una delle due e un maialino nelle mani dell’altra.

Nessun’altra femmina, come sul Monte Athos, al punto che questo monaco munge ... un cervo, non una cerva. I monaci vivono in comunità, non sono eremiti, neppure nel modo idioritmico caro a Roland Barthes. Se alcuni sono reclusi in grotte o nutriti grazie a ceste sollevate da corde, altri lavorano insieme, coltivano, ballano con un orso, minacciano una volpe, cavalcano animali selvaggi (cervi, pantere) o, i più anziani, si fanno trasportare su un carro trainato da due leoni. Vi è un centinaio di altri aneddoti, vediamo ad esempio un monaco in preghiera vestito della sua sola diafana capigliatura, come una Maddalena penitente. La Tebaide di Budapest, vista lì accanto, sembra una pallida copia.
 Poiché la mostra riunisce altri pittori attorno al Beato Angelico (perché mai il titolo di 'Maestri di Luce', che sembra rimandare agli impressionisti? Maestri di spazio, direi piuttosto), vediamo lì accanto un sorprendente quadro di Lorenzo Monaco, maestro del Beato Angelico, San Nicola che salva i marinai (1422-1423, a San Marco a Firenze): il tumulto delle onde è reso in modo drammatico, ma i diversi edifici sembrano giocattoli, oggetti irreali, senza scala, senza prospettiva, come fluttuanti in un universo parallelo.
La prospettiva, dunque, e più in generale la costruzione della spazio. Ci sono quasi un secolo tra il primo utilizzo di un punto di fuga, la prima rigorosa costruzione geometrica dello spazio, che Panofsky data dall'Annunciazione di Ambrogio Lorenzetti del 1344, e il trattato sulla prospettiva di Alberti, la 'finestra' e il punto di vista, del 1435: un secolo di sperimentazione perché gli artisti giungano a padroneggiare la prospettiva, non tanto come tecnica, ma come cambiamento radicale nel modo di rappresentare, come introduzione del mondo reale, di questo tener conto del punto di vista dello spettatore a scapito della visione fino ad allora ideale, eterea, libera dalle contingenze del mondo e dunque dalla banalità della visione umana (la Pala di Cafaggiolo, in fondo all'esposizione, bella composizione di Baldovinetti su fondo oro, del 1455, sembra essere un tardo esempio di questa visione, maestosa nella sua mancanza di profondità). Ma leggete Damisch o Arasse: sono mille volte più eloquenti di me su questo argomento. Qui, alcuni dipinti sono ancora maldestri, come ad esempio il funerale di Sant'Agostino all'inizio della mostra, con quel corpo troppo lungo e quello sfondo aberrante, tanto che è difficile credere sia di Beato Angelico (o forse lo dipinse all'età di dieci anni?). 
La sala successiva presenta un solo dipinto del Beato Angelico, la Decollazione di San Giovanni Battista e il banchetto di Erode (c. 1427-1428, al Louvre), dove il pittore mostra la sua grande padronanza nella costruzione dello spazio, integrando il luogo nello spazio e al suo interno i personaggi che vi si muovono. Oltre l'80% dello spazio è occupato dalla sala del banchetto: sotto un tetto verde, il re e la regina siedono con tre funzionari. Sembrano spinti in fondo, dietro la tavola, mentre Salomè con maniche a forma di serpente danza a destra, quasi una figura statica aggiunta allo sfondo. Ma a sinistra, nello spazio esterno, che si distacca come in una via di fuga, il corpo del santo a terra, visibile in parte attraverso un’apertura, e il passaggio di una guardia che reca la testa del Battista attraverso la porta della sala del banchetto, introducono un nuovo modo di dominare lo spazio come spazio narrativo (anche se il bambino ai piedi del boia rimane a metà, maldestramente inserito nello spazio).
Lì accanto, la Storia di San Giuliano l'Ospitaliere di Masolino da Panicale (1427-1430, Musée Ingres di Montauban), restaurato in toni abbastanza crudi - mostra il Santo, al quale era stato predetto che avrebbe ucciso il padre e la madre e che si era allontanato da loro per scongiurare il terribile destino; ciò nonostante la profezia sarà compiuta: un demone femminile dalle curve voluttuose e dalle eleganti gambe d’uccello lo indurrà a credere d’aver ucciso la moglie infedele e il suo amante a letto. Bella storia edipica poco narrata, se non da Flaubert.

Un altro interessante dipinto del Beato Angelico in termini di costruzione dello spazio è quello che rappresenta San Nicola (1447-1449; in Vaticano); anche qui linee convergenti (ma in modo ingenuo, con più punti di fuga, uno dei quali sembra essere nella piccola ombra scura all'entrata nel buio della chiesa), secondo linee oblique molto pronunciate che racchiudono lo spazio in tre volumi (nascita, predicazione e, a destra, l'elemosina surrettiziamente fatta scivolare attraverso la finestra per offrire una dote a tre ragazze povere che il loro padre voleva far prostituire). In entrambe le case, a sinistra quella della madre del santo e a destra quella del padre delle ragazze addormentato, due motivi floreali identici, che sembrano esistere sul piano del dipinto, piuttosto che in quello dello spazio rappresentato.

Si può poi ammirare il San Giorgio e il drago di Paolo Uccello(1440), presentato qui unicamente come modello di prospettiva corretta, una Vergine molto bella di Lippi, una Nascita della Vergine di Scheggia, ottagonale e molto architettonica. E ancora, del Beato Angelico altri dipinti della Vergine e del Cristo, un inchiostro su pergamena dalla collezione dell’antiquario torinese Gallino che mostra gli strumenti della Passione, molto forte e allusivo, con il rinnegamento di San Pietro, appena accennato dal movimernto della testa e dal dito della sua accusatrice, ed i bellissimi pannelli dell’armadio di ex-voto d’argento del convento di SanMarco. Dopo averli visti si dovrebbe correre dritti a vedere il convento di Firenze (peccato, inoltre, che il libro di Didi-Huberman non sia nella biblioteca del museo Jacquemart André)!

Foto 1, 5, 8 e 9 Per gentile concessione del Museo

Beato Angelico (1387-1455) Tebaide, tempera su legno, Inv.. N. 1890 447, 75 x 208 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze © 2011. Foto Scala, Firenze - per gentile concessione del Ministero Beni e Att. Culturali 

Dalla vita di San Nicola. Nascita, vocazione e il dono a tre fanciulle povere,circa 1437, tempera e oro su tavola, inv. 40251, 35 cm x 61,5, Pinacoteca Vaticana, Roma - Musei Vaticani, Città del Vaticano, © 2011. Foto Scala, Firenze.

Paolo Uccello (1397-1475) San Giorgio che uccide il drago,intorno al 1440, tempera su legno, Inv.. MJAP-P2248, 62,6 x 102 cm, Musée Jacquemart-André, Parigi © Studio Sebert.

Lorenzo Monaco (1370-1424), San Nicola il salvataggio di una nave prima del1424, tempera su legno, Inv.. N. 1890 8617, 26 x 58,5 cm, Museo di San Marco, Firenze © 2011. Foto Scala, Firenze - per gentile concessione del Ministero Beni e Att. Culturali.

Fra Angelico et la maîtrise de l’espace pubblicato da Lunettes Rouges il 29 settembre 2011

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