giovedì 23 febbraio 2012

Stazione solitaria - di Maurice Carême

S’accendono i lampioni.
Un ultimo fringuello canta.
La stazione è struggente.
In questa sera di settembre
resta così sola
in disparte dalle case,
così sola a guardare
la stella del Vespero
che piange all’orizzonte
tra due vecchi tigli.



A volte un viaggiatore
si ferma sulla banchina,
ma così stanco, così distratto,
che non vede i lampioni,
né il fringuello che canta,
neppure la stella che piange
in questa sera di settembre.
E la città lo inghiotte,
lugubre come il vento
che disperde le foglie
sulla stazione struggente
e più sola di prima.



Le fotografie sono di Alice

mercoledì 22 febbraio 2012

Ballata della vita esteriore - di Hugo von Hofmannsthal


E crescono bambini dai profondi occhi
che nulla sanno, crescono e muoiono,
e tutti gli uomini percorrono la loro via.

E dolci divengono i frutti acerbi
e di notte cadono a terra come morti uccelli
e per poco vi giacciono prima di marcire. 

E sempre soffia il vento, e sempre di nuovo
ascoltiamo e diciamo tante parole,
e proviamo gioia e torpore nelle membra. 

E strade corrono attraverso i campi, e luoghi 
vi sono, qui e là, pieni di luci, d’alberi, di stagni,
ora minacciosi, ora spettralmente aridi...



Perché esistono? e mai uguali gli uni
agli altri? e sono di numero infinito?
Che cosa alterna il riso, il pianto, il pallore?

A che ci giova tutto questo e questi giochi?
A noi che siamo adulti ed eternamente soli
e, pur vagando, cerchiamo ancora una meta. 

Che giova aver visto così tante cose?
Eppure dice molto chi dice “sera”,
parola che un senso profondo e dolore stilla

come greve miele dal cavo d’un alveare.


Otto Runge Il mattino - L'ora della lezione dell'usignolo

mercoledì 15 febbraio 2012

Mefistofele e la finanza creativa

Palazzo imperiale - Sala del trono
Il Consiglio di Stato in attesa del sovrano. Squilli di tromba. Entrano Cortigiani d'ogni grado. L'Imperatore sale sul trono
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Tesoriere: Sire, ahimè, nei vasti tuoi regni in mano a chi sono andati a finire i capitali? Abbiamo abdicato a tanti diritti che non abbiamo più diritto a nulla. Anche sui partiti, comunque si chiamino, non c'è più da far affidamento; che ci biasimino o che ci esaltino, l'amore come l'odio ha lo stesso valore. I ghibellini come i guelfi si rintanano per stare in pace. Chi mai vorrebbe aiutare il vicino? Ciascuno ha da pensare a sé. La borsa ognuno la tien chiusa; ognuno gratta e raspa e ammucchia, e le nostre casse restano vuote.
Maggiordomo: E io debbo pagar tutti, indennizzar tutti. L'ebreo non mi risparmierà; quello esige gli anticipi, che anno per anno si pappano gli introiti. Tutto è impegnato, anche il materasso, e il pane che si mangia è ancora da pagare.
Imperatore (pensa, indi a Mefistofele): Dì un po', buffone, non hai anche tu qualche guaio da metter fuori?
Mefistofele: Io? Niente affatto!......................................
Dove mai a questo mondo non manca qualcosa? All'uno manca questo, all'altro manca quello. Ebbene qui manca il denaro. Naturalmente non si trova da raccattarlo su da terra; ma la saggezza sa estrarlo dalle profondità. Nelle vene dei monti, tra le fondamenta delle mura c'è da trovare l'oro coniato e da coniare.
Imperatore: Con queste chiacchiere non hai cavato un ragno dal buco; manca il denaro: sù dunque, forniscilo!
Mefistofele: Vi fornirò tutto quel che volete, e anche più; infatti è facile, ma talvolta il facile è difficile.
L'oro è lì, ma pigliarselo? Lì sta l'arte. Chi ne è capace?
Riflettete un istante: nei periodi terribili, in cui fiumane di popoli si riversarono, sommergendo paesi e genti, molti, colti da paura, seppellirono i propri tesori nei luoghi più disparati. Così avvenne al tempo della potenza dei Romani, così continuò a essere fino a ieri, anzi fino a oggi. Ora tutto questo ben di Dio se ne sta appiattato sotto terra. Ma il suolo è dell'Imperatore, dunque i tesori sono suoi.
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