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venerdì 31 ottobre 2014

"ROCK AROUND THE CLICK" a Parigi


ROCK AROUND THE CLICK 
di CRIS THELLUNG 

Parigi, dal 27 Novembre 2014 al 7 Febbraio 2015 
Inaugurazione: giovedì 27 Novembre alle ore 18.30


Cris Thellung e Parigi. Un imprescindibile legame artistico. Ai registi della Nouvelle Vague, l’artista ha dedicato la serie fotografica Rue du Tournage. Ora, prosegue la permanenza nella Ville Lumière con la mostra itinerante Rock Around The Click .
Fotografo appassionato, viaggiatore instancabile, musicologo irriducibile, Cris Thellung trasferisce (sempre e comunque sul filo del paradosso) gli idoli del rock e le copertine dei loro dischi dentro imprevedibili scenari, paesaggi, scorci urbani. Talvolta li mette a confronto con opere d’arte, trasformando ogni scatto fotografico in una spiazzante, ironica messinscena. Nella serie Rock Around The Clic, la copertina di “Let It Bleed” dei Rolling Stones incontra il coniglio suonatore scolpito da Barry Flanagan e fotografato da Thellung alla Royal Academy of Arts di Londra. Una sinfonia di colori, inoltre, cita sullo sfondo la pittura futurista di Nicolay Diulgheroff. Sempre a Londra, davanti al cartello stradale che segnala Abbey Road (celebre in tutto il mondo per essere stata immortalata sulla copertina dell’omonimo album dei Beatles), al posto di John Lennon, Ringo Starr, Paul McCartney e George Harrison ci sono 4 suricati realizzati dal Cracking Art Group italiano. 
Ad Hyde Park, invece, una sedia a sdraio ricorda poeticamente “Imagine” di John Lennon. L’ha creata Yoko Ono, nello stile neo dadaista del gruppo Fluxus. In Camden High Street, un telone oscura un palazzo inondato di graffiti e “tags”. Sopra, c’è un’immagine gigante dei Clash in concerto: memoria incancellabile del punk, che travolse il quartiere con un magma incandescente di suoni anarchici. Fotografando infine un dettaglio della Battersea Power Station (su un cielo cromatico che ricorda la psichedelia e la pittura visionaria di Vincent Van Gogh), Cris Thellung ha voluto rendere omaggio all’album “Animals” dei Pink Floyd. Geniale, poi, il tributo ai Led Zeppelin: in una cabina telefonica londinese, l’ombra del dirigibile che identifica la band si proietta sulle acque del Lac Vert, nella Haute-Savoie. 
L’immagine degli U2, invece, viene catapultata a Fez, città santa del Marocco dove la band irlandese registrò “No Line On The Horizon”. Molteplici, in questo caso, le citazioni: da una panoramica delle mura della Medina, alla cover del disco, fino a “Boy”, “The Unforgettable Fire” e “Zooropa”. La famosa copertina di “Loaded” dei Velvet Underground (opera del grafico Stanislaw Zagorski) che mostra un’entrata della metropolitana da cui escono mefitiche esalazioni, ha come via di fuga la parete di “azulejos” portoghesi di un ristorante nel porto di Rotterdam, dove molti anni fa c’era una casa di tolleranza. Fra le decorazioni, spiccano il volto di Marilyn Monroe e la “skyline” di New York: a significare l’emigrazione oltreoceano, per costruirsi una nuova vita. Lungo la Senna di Parigi, sospinte da un soffio di vento, le camaleontiche trasformazioni di Madonna danno un tocco di teatralità a un bouquiniste mentre dal rock prende a delinearsi, sdoppiandosi, il ritratto di Jim Morrison dei Doors: tatuato sui muri di quella Place des Vosges dove per pochi mesi, nel 1971, amò trascorrere il suo tempo. Scrivendo poesie.

 Stefano Bianchi


martedì 26 febbraio 2013

Omaggio a Duchamp - di Roberto Bolaño


...da un sacchetto di plastica del supermercato in cui faceva la spesa ogni settimana con sua figlia estrasse tre mollette per i panni, che lui si ostinava a chiamare perritos, alla cilena, e con quelle attaccò il libro a un filo e poi rientrò in casa sentendosi molto più sollevato.

L'idea, naturalmente, era di Duchamp.

Del suo soggiorno a Buenos Aires esiste soltanto o si conserva soltanto un ready made. Eppure tutta la sua vita fu un ready made, che è un modo di placare il destino e allo stesso tempo di lanciare segnali d'allarme. Calvin Tomkins scrive al riguardo; «In occasione delle nozze della sorella Suzanne con il suo amico intimo Jean Crotti, che si celebrarono a Parigi il 14 aprile 1919, Duchamp inviò per posta un regalo alla coppia. Si trattava di istruzioni per appendere un trattato di geometria alla finestra del loro appartamento fissandolo con una corda, in modo che il vento potesse  “sfogliare il libro, scegliere i problemi, voltare le pagine e strapparle”». Evidentemente Duchamp non si limitò a giocare a scacchi a Buenos Aires. Prosegue Tomkins: «Può darsi che la mancanza di allegria di questo Ready made malheureux, come lo chiamò Duchamp, fosse un regalo davvero sconcertante per due novelli sposi, ma Suzanne e Jean seguirono le istruzioni di Duchamp con grande buonumore. Anzi, arrivarono a fotografare quel libro aperto sospeso in aria - unica testimonianza rimasta dell'opera, che non riuscì a sopravvivere a una simile esposizione agli elementi - e in seguito Suzanne dipinse un quadro intitolato Le ready made malheureux de Marcel. Come avrebbe spiegato Duchamp a Cabanne: “Mi piaceva introdurre l'idea della felicità e dell'infelicità nei ready made, e poi c'erano la pioggia, il vento, le pagine che volavano, era divertente”». Mi correggo, in realtà quello che fece Duchamp a Buenos Aires fu giocare a scacchi. Yvonne, che era con lui, finì per stufarsi di tanto gioco-scienza e se ne andò in Francia. Prosegue Tomkins: «Negli ultimi anni, Duchamp confessò a un intervistatore di essersi divertito a screditare “la serietà di un libro carico di principi” come quello e addirittura insinuò davanti a un altro giornalista che, esponendolo alle inclemenze del tempo, “il trattato avesse finalmente capito quattro cose della vita”».

Da 2666 – di Roberto Bolaño

foto dell'opera originale 

 Suzanne Duchamp: Le ready made
 malheureux de Marcel

martedì 29 gennaio 2013

In me il tuo ricordo - di Vittorio Sereni


In me il tuo ricordo è un fruscìo
solo di velocipedi che vanno
quietamente là dove l'altezza
del meriggio discende
al più fiammante vespero
tra cancelli e case
e sospirosi declivi
di finestre riaperte sull'estate.
Solo, di me, distante
dura un lamento di treni,
d'anime che se ne vanno.
E là leggera te ne vai sul vento,
ti perdi nella sera.

da Frontiera

lunedì 23 aprile 2012

Paesaggio - di Massimo Bontempelli

In un'età lunare la campagna deserta a perdita d'occhio ha germinato
una boscaglia nana fitta di luci d'acciaio senza rami né foglie
grigi filari intricati viticci di filo contorto - vi sbatte le ali morendo
qualche palla sfinita - s'affloscia
sopra i ciuffi molli ove tra sasso e sasso
vegliano disperatamente le violette
pallide senza profumo con un rancore muto contro uomini e dei.
Bisbigliano al vento su verso gli arbusti di ferro i grovigli strambi
che fioriscono a mille a mille le spine. Verrà un'estate di rose?
Chiedi il futuro domani al cerchio lontano 
delle montagne violastre che leticano di fumi ed echi tra loro.
S'aprono sperdendosi i fumi vaniscono - sul turchino profondo
un dracken osceno dondola governa il cielo e la terra.

Fotografia di Mariaelisabetta: Miracolo a Milano (sessant'anni dopo)

mercoledì 11 aprile 2012

Prati di tenerezza - di Arturo Onofri

Prati di tenerezza,
ove i gialli boccheggiano dal buio
Dall’alto i vetri diafani del cielo
Ricovano liddentro uova novizie
Di vecchi credi e d’ali,
che s’apriranno, senza raccoltarlo,
in stagioni e primizie.


Ma quando mi vorrai non ti vorrò,
o riluttante soffio degli aprili,
che inducesti a linguaggio i desideri
tuoi nell’arcano scheletro ch’io porto.
Ti sottrai, per la gioia di covarti
Ossa sempre ambulanti, in quanto umane;
ma se vorrai far ressa di profumi
alle serrate glandole del sole
per indurle a sbocciare ali, carezze,
solfe azzurre e capricci di regine,
troverai solo un no nero d’acciaio,
nel mio tormento gaio.



Riprodiga, se vuoi, voli e bisbigli
E affrettate verdure dappertutto,
a smorzare in sordine di tappeti
le tue fughe affannose!
Ma cristalli di risa nasceranno
Dalle fontane, al suono del tuo passo:
friabili ombre sotto i gialli appiombi
delle impudiche estività, che spasimano
di funerari amplessi
in mille mila sessi:
in tanti innumerevoli me stessi.

giovedì 23 febbraio 2012

Stazione solitaria - di Maurice Carême

S’accendono i lampioni.
Un ultimo fringuello canta.
La stazione è struggente.
In questa sera di settembre
resta così sola
in disparte dalle case,
così sola a guardare
la stella del Vespero
che piange all’orizzonte
tra due vecchi tigli.



A volte un viaggiatore
si ferma sulla banchina,
ma così stanco, così distratto,
che non vede i lampioni,
né il fringuello che canta,
neppure la stella che piange
in questa sera di settembre.
E la città lo inghiotte,
lugubre come il vento
che disperde le foglie
sulla stazione struggente
e più sola di prima.



Le fotografie sono di Alice

Collaboratori