Prati di tenerezza,
ove i gialli boccheggiano dal buio
Dall’alto i vetri diafani del cielo
Ricovano liddentro uova novizie
Di vecchi credi e d’ali,
che s’apriranno, senza raccoltarlo,
in stagioni e primizie.
Ma quando mi vorrai non ti vorrò,
o riluttante soffio degli aprili,
che inducesti a linguaggio i desideri
tuoi nell’arcano scheletro ch’io porto.
Ti sottrai, per la gioia di covarti
Ossa sempre ambulanti, in quanto umane;
ma se vorrai far ressa di profumi
alle serrate glandole del sole
per indurle a sbocciare ali, carezze,
solfe azzurre e capricci di regine,
troverai solo un no nero d’acciaio,
nel mio tormento gaio.
Riprodiga, se vuoi, voli e bisbigli
E affrettate verdure dappertutto,
a smorzare in sordine di tappeti
le tue fughe affannose!
Ma cristalli di risa nasceranno
Dalle fontane, al suono del tuo passo:
friabili ombre sotto i gialli appiombi
delle impudiche estività, che spasimano
di funerari amplessi
in mille mila sessi:
in tanti innumerevoli me stessi.
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