sabato 14 aprile 2012

Il "metodo" Dickens - di Stefan Zweig

 Fred Barnard (1846-1896): Mr. Pickwick Picnics (1870)
Dickens non ha contorni vaghi, non lascia margine alle possibilità interpretative della visione, ma obbliga alla precisione. La sua potenza descrittiva non lascia campo libero alla fantasia del lettore, che egli costringe violentemente (per questo è divenuto il poeta ideale di una nazione priva di fantasia). Ponete venti disegnatori davanti ai suoi libri e chiedete loro i ritratti di Copperfield e Pickwick: i disegni saranno simili l'uno all'altro, rappresenteranno con somiglianza inspiegabile il grasso signore dal panciotto bianco e dagli occhi gentili dietro gli occhiali o il bel bambino biondo, pauroso, nella diligenza che va a Yarmouth. Dickens narra con tale precisione, con tale minuziosità, da costringerci a seguire il suo sguardo ipnotizzante. Non ha lo sguardo magico di Balzac i cui personaggi si formano caoticamente staccandosi dalla nube di fuoco delle loro passioni, ma uno sguardo tutto terreno, uno sguardo da marinaio, da cacciatore, uno sguardo di falco per le piccole cose umane. Ma sono le piccole cose, disse egli una volta, che formano il senso della vita. Il suo sguardo cerca i piccoli segni, vede la macchia sull'abito, i timidi gesti confusi dell'imbarazzo, afferra la ciocca di capelli rossi che spunta sotto una parrucca scura quando il suo proprietario va in collera. Avverte le più lievi sfumature, nota il movimento di ogni singolo dito in una stretta di mano, le gradazioni di un sorriso. 
Prima di essere scrittore egli era stato per anni stenografo al parlamento e s'era esercitato a rendere dei particolari in brevi note, a esprimere con un tratto di penna una parola, con un piccolo ghirigoro una frase. E così più tardi  adoperò nell'arte una specie di scrittura abbreviata della realtà, ponendo il segno minuto al posto della descrizione, ricavando profonde osservazioni dalle varie vicende. Per queste piccole esteriorità aveva una acutezza di sguardo impressionante, non v'era cosa che il suo occhio non percepisse; coglieva, come una buona lente di un apparecchio fotografico, in una centesima parte di minuto secondo, una mossa, un gesto. Nulla gli sfuggiva. E questa acutezza dell'occhio veniva ancora aumentata da una strana rifrazione dello sguardo che non rendeva l'oggetto, come uno specchio, nelle sue proporzioni naturali, ma, simile a uno specchio concavo, ne esagerava le caratteristiche. 
Dickens sottolinea sempre le caratteristiche dei suoi personaggi, le sposta dalla vista obiettiva verso l'esagerazione, verso la caricatura; le rende più intense, le innalza a simboli. Il panciuto Pickwick è anche psichicamente un po' pesante, il magro Jingle è arido, e così il cattivo è addirittura Satana, il buono la perfezione in persona. Dickens esagera come ogni grande artista, ma esagerando non cerca il grandioso, bensì l'umoristico. Tutto l'effetto della sua narrazione indicibilmente divertente non scaturisce tanto dal suo buonumore, non tanto dalla sua allegria, quanto da quella strana posizione dell'occhio che rispecchiava con la sua superacutezza ogni fenomeno della vita in un modo bizzarro, in una luce di caricatura.
Stefan Zweig Drei Meister. Balzac, Dickens, Dostojewski

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