domenica 24 maggio 2020

Il giovinetto bianco a Ravenna




Annuncio del rinnegamento di Pietro

  
Grazie a un’opera del primo cristianesimo, i mosaici di Teodorico in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, diventa molto più trasparente la comprensione del “giovinetto bianco“(1)quale parte essenziale del Cristo Gesù, quale segnatura immaginativa che ne rivela la natura soprasensibile. La figura del giovinetto nei mosaici si collega facilmente al tema del “giovinetto bianco” (e degli uomini in vesti bianche dell’Ascensione).
La figura bianca non compare, come in Marco, solo all’ultimo, ma è costantemente al fianco di Gesù, insieme a lui opera nelle azioni che provengono dalla sua essenza divina (dove la comprensione di questa essenza divina proviene ancora fortemente dall’antichità). Quando compie le guarigioni e i miracoli, il Cristo Gesù è sempre accompagnato da vicino dal giovinetto bianco. Sulla parete della chiesa dove vediamo i mosaici della Passione il giovinetto è scomparso.
Questi mosaici, realizzati poco dopo il 500, presentano inoltre la peculiarità che l’immagine del Cristo si modifica. Nel lato settentrionale lo vediamo giovane, apollineo e bello, mentre nel ciclo della Passione sul versante sud ha un viso emaciato e con la barba. Che la scelta sia intenzionale e faccia parte di una articolata composizione artistica con precisi nessi, diventa chiaramente visibile grazie al giovinetto bianco. Infatti, nella sequenza della Passione compare ancora una volta, ma è solo un’immagine ricordo! A Pietro era stato predetto che avrebbe rinnegato il Cristo tre volte prima del canto del gallo. Questa predizione si avverò poco prima dell’inizio della Passione, dopo l’Ultima Cena. Vi è un rapporto con le profetiche parole del Cristo relative agli eventi che si sarebbero svolti quella notte: “Voi tutti sarete scandalizzati ... Ma Pietro gli disse: quand’anche tutti fossero scandalizzati, io non lo sarò.” Ma il Cristo gli fece capire che prima dell’alba (il canto del gallo) lo avrebbe rinnegato tre volte. Nei mosaici di Teodorico è inserita questa scena, al posto del vero e proprio rinnegamento.

L’arresto di Gesù

Ci mostra il compagno vestito di bianco in una intima, in un certo senso, ultima unione col Cristo. È molto vicino, sta dietro di lui, quale rappresentante delle forze che conoscono il piano della Redenzione e rendono possibili le profezie. Nelle scene successive si vede Gesù, abbandonato da lui, con le braccia rivolte in basso e il volto emaciato.
Rudolf Steiner parla della figura di Gesù dopo la scena di Marco come del Figliuol dell’uomo con il quale il Cristo cosmico aveva ancora solo un legame molto labile:
“Là stava l’uomo che per tre anni aveva scacciato gli influssi luciferici ed arimanici. Là era ripristinato… quel che l’uomo era stato prima che giungessero Lucifero ed Arimane. Solo grazie all’impulso del Cristo cosmico l’uomo era tornato a essere come era stato posto nel mondo fisico muovendo dal mondo spirituale”
Pregando, gli uomini avrebbero dovuto dire: “Là sono io stesso nella mia vera entità, nel mio massimo ideale, là sono nella figura che devo raggiungere da me stesso attraverso l’impegno più sacro… In tutto l’immenso mondo circostante non esiste nulla di così grande da poter essere confrontato con quanto sta qui davanti a noi come Figliuol dell’uomo! In quel momento storico l’umanità avrebbe dovuto avere questa autoconoscenza. E che cosa fece l’umanità? Sputò addosso al Figliuol dell’uomo, lo flagellò e lo condusse al luogo della Crocifissione.”(2)
Ciò che in questo passo ci offre all’elaborazione interiore, si esprime in forma di immagine nella doppia composizione dei mosaici di Ravenna. In modo per certi versi esagerato, ma molto “tipico”, viene presentato il mutamento dal Gesù al quale è collegato il Cristo cosmico (la figura che irraggia giovinezza e bellezza) al “Figliuol dell’uomo”, alla cui nobiltà e grandezza non hanno più parte né i tentatori luciferici, né quelli arimanici, che tuttavia non è riconosciuto, né accolto, dagli uomini.
Se si volesse cercare una dimostrazione che presso i primi cristiani esisteva una comprensione di quanto viene accennato nella scena di Marco, la si trova in questo ciclo figurativo.
Rudolf Steiner ci dà la possibilità di vedere l’Ascensione sotto diversi aspetti. Da un lato segna la fine dell’intenso periodo di insegnamento del Risorto ai suoi discepoli dopo la Pasqua, quando arrivò da loro attraverso le porte chiuse. Quaranta giorni di pure esperienze spirituali e di disciplina spirituale che furono possibili soltanto perché i discepoli erano ancora in grado di attivare i resti di una antica capacità chiaroveggente proveniente dal passato dell’umanità Ma alla fine questa chiaroveggenza li abbandona e così svanisce al loro sguardo anche il Risorto. I loro occhi non riescono più a seguirlo, scompare alla vista, ascendendo verso le nuvole.
Un altro aspetto: il Cristo, “in quanto si è manifestato in involucri esteriori” (comparendo quindi anche in forma corporea), si dissolve “nel mondo spirituale vero e proprio”(3). Questo significa che viene deposta anche la forma del periodo successivo alla Pasqua, che segue ancora nel suo apparire la forma fisica e che gli assomigliava. Anche in questo senso il Cristo svanisce, abbiamo una “ascensione”. Passa nell’aura complessiva della terra e non resta legato alla forma corporea di un singolo uomo.
Dieci giorni dopo avviene una specie di rivolgimento: con l’evento della Pentecoste risorge ora nell’interiorità, nei cuori degli uomini. Ma questa trasformazione ha potuto compiersi perché i discepoli, pesantemente colpiti dallo shock della perdita, solo ora si sentono del tutto abbandonati, nel loro orto animico irrompe pena e perplessità, solo così possono accogliere il colpo spirituale delle fiamme pentecostali.
Una prospettiva ancora diversa si apre con le parole: “Non soltanto l’uomo, ma ogni essere dal più baso al più elevato, impara grazie al fatto di evolversi… Anche le entità spirituali sperimentano qualcosa che li porta ad un gradino superiore. Quanto Egli sperimentò con la propria ascesa in un mondo ancora più elevato rispetto a quello in cui era in precedenza, lo fece apparire a chi gli era stato compagno sulla terra come la sua ascensione”(4).

Note:
1-                  Qui l’autrice fa riferimento a Marco 14,50-53 dove si legge, dopo l’arresto del Cristo: “Allora abbandonatolo, tutti fuggirono. Vi fu però un giovanetto che lo seguiva, avvolto in un panno di lino sul corpo nudo; e lo presero. Ma lui, lasciato il panno di lino, scappò via nudo”. In un articolo precedente scrive: “In alcune traduzioni si legge anche di un lino ‘fine’, oppure ‘bianco’. Un giovinetto ‘avvolto in un panno di lino sul corpo nudo’ corrisponde a un giovinetto vestito di bianco. Rudolf Steiner parla per esteso di questo passo di Marco. Del giovinetto bianco dice che è l’espressione del fatto che dal Cristo si è staccata la sua parte essenziale cosmica, che se ne va ciò che è immortale, abbandonando il ‘Figliuol dell’uomo’ sulla via della sua Passione, restandovi collegato solo in modo assai labile.” Riguardo all’Ascensione ricorda la storia degli Apostoli in cui si legge “E dopo aver detto quanto precede ascese e quando lo seguirono con lo sguardo vedendolo salire in cielo, due uomini in vesti bianche comparvero vicino a lui e dissero: Uomini di Galilea che cosa vedete e che cosa ascende al cielo? Questo Gesù che è stato accolto in cielo abbandonandovi, tornerà, così come lo avete visto ascendere al cielo …”. Ricompare il tema delle vesti bianche. [Nota del traduttore]
2-                   Rudolf Steiner, Il vangelo di Marco, OO 139 – Ed. Antroposofica
3-                  Rudolf Steiner, L’evento della comparsa del Cristo nel mondo eterico, OO 118, 15.5.1910 - Ed. Antroposofica 4- Rudolf Steiner, Il vangelo di Giovanni in relazione con gli altri tre, OO 112 - Ed. Antroposofica
Hella Krause Zimmer, da “Offenbare Geheimnisse der christlichen Jahresfeste“,

2003 Freies Geistesleben

(Traduzione di Stefano Pederiva)




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