L’annuncio ha colto gli Svedesi alla sprovvista: lunedì 1° ottobre, Alex Schulman, l’autore del blog più letto e ritenuto il più cattivo di Svezia, annunciava la chiusura del suo diario di bordo, ospitato sul sito del quotidiano Aftonbladet. Sono giunti commenti a centinaia, alcuni lo supplicavano di rinunciare alla sua decisione, altri gli esprimevano la loro comprensione, ma vi era anche chi diceva che era tempo che chiudesse il suo blog, intitolato con scarsa modestia: Essere Alex Schulman.
L’autore ha spiegato, durante una conferenza stampa, d’aver a lungo riflettuto prima di decidere. “All’inizio ero davvero innamorato di questo progetto”, ha affermato riconoscendo d’esser rimasto molto sorpreso dal suo successo. In media “Essere Alex Schulman”, lanciato un anno fa, registrava 250.000 visitatori alla settimana. Poi la vicenda ha preso una piega diversa e l’autore non vi si è più riconosciuto. “Scrivere cominciò a procurarmi angoscia, rimorsi, spesso mi sentivo male”.
Alex Schulman fa autocritica, ma se la prende anche con i propri lettori: “Vi è una sete di cattiveria nel Web. Ogni volta che scrivevo su un personaggio noto, si poteva toccare con mano la sete di sangue fra chi lasciava il suo commento. Ridevano con crudeltà, scrivendo che volevano di più, di più, di più, e proponevano altri nomi contro i quali dovevo lanciare i miei strali”. Il suo disgusto non faceva che aumentare: “Ero sconvolto io per primo dalla mia durezza e insensibilità”.
Così ha messo fine al suo progetto che nelle intenzioni originali doveva essere letterario.
La morale di questa storia? La mia l’ho sintetizzata nel titolo.
Alex Schulman fa autocritica, ma se la prende anche con i propri lettori: “Vi è una sete di cattiveria nel Web. Ogni volta che scrivevo su un personaggio noto, si poteva toccare con mano la sete di sangue fra chi lasciava il suo commento. Ridevano con crudeltà, scrivendo che volevano di più, di più, di più, e proponevano altri nomi contro i quali dovevo lanciare i miei strali”. Il suo disgusto non faceva che aumentare: “Ero sconvolto io per primo dalla mia durezza e insensibilità”.
Così ha messo fine al suo progetto che nelle intenzioni originali doveva essere letterario.
La morale di questa storia? La mia l’ho sintetizzata nel titolo.
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