Presso gli antichi era il primo, e primo difatti lo è ancora, come il mese in cui la natura rinasce. Se il mondo ha avuto una origine questa non può essere avvenuta che in marzo, durante l’equinozio di primavera.
È il tempo in cui maggiormente si schiudono le uova degli uccelli e dei pesci, sì che la massaia non fa in tempo a porre le uova sotto la chioccia.
Già la mattina al mercato appaiono i primi ravanelli, i primi carciofi, le prime insalatine di campo. E la pescheria riluce di tutti i tesori. Collegati col calcolo delle maree, coi fulgori del cosmo, hanno un bel sigillarsi i crostacei e le ostriche con cerniere e chiavacci. Tutti sono costretti ad aprirsi a donare ad accogliere, anche i più stretti e segreti, anche i più tristi e i più avari. Pervasi da oscura notte, oltre le zone della tristezza, anche i mostri abissali sono costretti a salire. E la foca che uscita dal fondo annusa d’intorno il tanfo oleoso dei consimili, sente nel mare che si abbatte il proprio peso, e s’abbandona alla Luna.
Intitolato a Marte, secondo gli astrologhi, sottoposto alle influenze del pianeta caldo, patrono delle querce, dei noci, del frassino; governatore di tutte le cose salate, dalle acciughe alle lacrime, dalle patatine fritte agli oceani, è il mese dei venti.
Sono come gli eroi di Omero i venti di Marzo, come gli eroi greci.

Il Ponente, detto anche Favonio, è simile a Menelao, cagione di contrasto, piagnucoloso sopra tutti i venti, collaterale di Libeccio, di Zefiro che spira verso sera, padrone di greggi di nuvole. È utile agli orti, alle fave, alle biade.
Suo opposto è il vento dell’Est, simile a Ulisse divino, il vento che arriva dal mare.
Subsolano vien detto, perché spira da quella parte ove nasce il Sole. È temperatamente caldo e secco, mattiniero, nemico delle impurità, dei vapori, delle erbe; economo, conservatore di sottaceti, di ulive marinate, propizio alle arature, pastore di mandrie di onde.
Ha per collaterale Scirocco, suscitatore di marette d’argento, signore di pesci.
Ma perché il piè-veloce Achille tarderà tanto a muoversi? Spira di rado l’Austro che viene dall'Africa. È vento caldo, turbolento, impetuoso; nocivo alle biade perché le fa scemare avanti che compiscano il grano; ma è amico dei fiori, degli orti, utile ai frutteti, odoroso per i cavalli. Lo stallone brado che per la maremma allarga le froge, nitrisce e batte l’unghia sui sepolcreti etruschi, sente ribollire in sé il puro sangue dei padri.
E però Marzo è il mese degli equini, allora che i depositi di Milano, di Roma, di Suffolk, d’Ackney, aprono le loro stazioni di monta; quando hanno luogo le fiere cavalline di Longiano, di Cittadella, di Ciriè, di Verona.

In Marzo i venti delle steppe e delle praterie smuovono le criniere a ondate di passione, strappano loro i più alti nitriti, li rendono irrequieti, caldi, scalpitanti: li lanciano alla riproduzione.
Simili agli eroi di Omero scendono in campo i grandi alisei, destano la campagna dal sonno, dalla notte, dai torpori dell’inverno; scompigliano i boschi, squassano le foreste. La prima rondine, spazzata dal vento, passerà in cielo come la sassata d’un gigante.
È il tempo in cui i ghiacciai delle baie polari, sganciandosi, fanno il rumore cornesco dei greggi di renne, e gemmano le betulle; allora che i Lapponi riaprono i recinti, e gli zingari di Kiev e di Poltava levan le tende per rimettersi in cammino.
Quando gli scafi riprendono il mare. L’Ariete ci vuol tutti argonauti.
Poi i venti cadranno. Nelle notti serene un nuovo spirito viene a pacificare la Terra.
È lo spirito dell’aria; preludio all'Annunciazione, è l’alito santo che passa a incarnarsi nei fiori. Ave!
In piedi sul colle, il mandorlo che al primo canto del gallo si desta in una notte di stelle, resta incantato, tende al firmamento e trema. A poco a poco, lascia dalle radici salire e spandersi su per il tronco di latte il bianco della linfa; da tutte le dita ecco nascere i figli.
Si volge d’attorno, scorge i fratelli biancheggiar come per neve; più in giù i peschi hanno dei fiori color rosa, su per la china stan per salire gli ulivi. Quale miracolo s’è dunque compiuto?

È la Santa Pasqua che s’avvicina, il mese del perdono, allora che tutti gli alberi, tutti, perfino i poveri ulivi, riprendono la marcia per il vasto mondo.
Ecco, scalzate le radici dal fango, i grandi alberi stanchi, muovono per le terre. Davanti, simili a bambini, affrettano i mandorli, i peschi, spargendo fiori da tutte le dita; seguono in fila gli ippocastani, i platani dei viali, le acacie, portando le spine della passione divina, i ciliegi dalla scorza d’argento.
Che fragor di marine nell’aria quando avanzano i pini di Cervia e di Ravenna, e quanta dolcezza allora che sfilano i meli dalle chiome fragranti, gli olmi fioriti, i tigli dell'Esplanade!
Alti slanciati marciano i pioppi della scorta d’onore. Ehlà! È la giovinezza che passa con loro, il cinguettio dei ghiareti, lo scintillio dei mulini distanti, i frulli delle lodole, i canti delle valli lontane.
Arrivano i frassini, i lecci, l’alloro; convengono dalle selve alte, dagli orti odorosi, ascendono il Campidoglio.

Ehlà! Passano gli abeti giganti, i larici sommi, le alte lance pesanti devote al San Gral. Cantano al vento le nevi consunte, il ritorno degli usignoli, il fluire delle correnti nascoste.
Curvi, le chiome disciolte, arrancano i salici, i piccoli nespoli torti, i fortissimi aceri. Poi, ultimi, sciancati, feriti, simili a mendicanti d’amore con in mano le palme, i poveri ulivi cari al Messia.
È la natura che avanza col Sole, quando tutta la terra risuona sotto la ripresa possente delle vegetazioni.
I bambini che frugano a cercar le uova dipinte, ritrovan nel covaccio, ancor caldo, l’uovo che gli antichi avevan dedicato al Dio Libero.
E in alto, con gridi di gioia, le rondini tracciano a grandi maiuscole il nome del Signore dei Cieli.
2 commenti:
Sono splendidi questi regali che ci fai, centellinati ma gioiellini!
Good reading thiis post
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