giovedì 9 aprile 2020

Il discepolo Giovanni – Lazzaro-Giovanni



Albrecht Dürer, L'Ultima Cena, xilografia della serie la "grande Passione"

L’indicazione di Rudolf Steiner secondo cui la figura che riposa sul cuore di Gesù è Lazzaro, solleva molte domande. Quale relazione esisteva fra Lazzaro–Giovanni e il discepolo di nome Giovanni, fratello di Giacomo, entrambi chiamati “figli del tuono”? Ma se nell’Ultima Cena colui che s’appoggia al petto di Gesù non è il Giovanni della cerchia dei dodici discepoli, come di solito si suppone, allora intorno al Maestro dovrebbero essere raccolte almeno tredici persone.
Nell’arte cristiana si trova qualche traccia, vi sono immagini con tredici discepoli?
Sì, si trovano quadri con tredici e anche più persone, ma sono estremamente rari e non è detto che nella figura in sovrannumero vada individuato Lazzaro. Potevano essere i committenti che volevano essere raffigurati come devoti presenti sulla scena, o potrebbero essere servitori. Vi è però un quadro che è univoco. Non solo raccoglie intorno al Maestro tredici figure, ma fa anche una chiara distinzione fra il discepolo Giovanni e Lazzaro–Giovanni, ed è una xilografia di Albrecht Dürer che fa parte della serie: la “Grande passione”.
La maggior parte delle raffigurazioni dell’Ultima Cena mostrano un motivo presente solo nel vangelo di Giovanni, il motivo del “discepolo che Gesù amava” e che stava “reclinato sul petto di Gesù”. Un’eccezione famosa è il Cenacolo di Leonardo. Giovanni è seduto alla destra del Maestro. Si piega all’indietro, scostandosi per ascoltare Pietro che lo incarica di domandare al Cristo chi sia il traditore di cui ha appena parlato. L’opinione corrente è che sia appunto Giovanni, il discepolo che Gesù amava. Lasciamo aperta qui la questione se Leonardo abbia fuso in un’unica figura i due Giovanni: il suo Giovanni non mostra solo giovinezza, bensì anche il mistero di una profonda maturità interiore. Anche il suo atteggiamento lo mette in evidenza rispetto all’agitazione degli altri discepoli, dando l’impressione che egli comprenda il grande dramma da una prospettiva del tutto diversa da quella degli altri. Non si può riconoscere in lui Giovanni, il discepolo che Gesù amava, dal fatto che s’appoggia al petto di Gesù; abbiamo però l’indicazione di Pietro che lo esorta a chiedere al Maestro.
Albrecht Dürer ripartisce questi due segni di riconoscimento su due persone: un discepolo s’appoggia al petto del Cristo, un altro, seduto alla sua destra come in Leonardo, pone la domanda, sollecitato da Pietro. Dürer distingue dunque il discepolo che Gesù amava, Giovanni, da un tredicesimo discepolo.
Anche qui è rappresentato il momento in cui risuonano le parole: “Uno di voi mi tradirà”. Giovanni, seduto vicino al Cristo e verso il quale Pietro si piega, indica con un ampio gesto il gruppo di discepoli che si trova dalla stessa parte della tavola. Sembra chiedere: “Se è uno di noi, di chi si tratta?”. Come nella descrizione del vangelo, i discepoli si guardavano fra di loro, in preda all’angoscia si domandavano chi fosse. Questo guardarsi fra loro viene messo molto in risalto. Comprende anche il discepolo che appare solo di profilo a sinistra. A lui si rivolge il discepolo con la barba vicino a Pietro. Ci è chiaro così che non può trattarsi di una figura secondaria, perché in quel momento nessuno si sarebbe rivolto a un servitore o a un ospite. Del resto, la composizione così densa è costruita chiaramente in modo che emerga l’evento rappresentato al centro, senza cercare personaggi secondari.
Vediamo dunque Giovanni seduto alla destra del Cristo, mentre l’altro viene tratto a sé dal Cristo e si trova così sulla linea centrale del quadro, rimarcata con chiarezza in alto dall’incrocio delle volte, in basso dalla gamba del tavolo e dalla piega della tovaglia. Su questa linea vi è anche l’agnello. Si potrebbe sentire che il Cristo, guardando verso il basso, indirizzi quel particolare discepolo verso l’agnello in parte mangiato, quale simbolo della sua imminente morte sacrificale. “L’ora è vicina”, questa consapevolezza aleggia sul gruppo che sta al centro. È isolato. Chi è seduto vicino si piega all’indietro. Cercano la soluzione nella domanda e in discussioni esteriori.
Giuda con la borsa è seduto davanti a destra e sembra chinarsi leggermente. La sua testa è bassa e lo vediamo da dietro e un po’ di profilo. Il coltello sul suo piatto è rivolto con la punta verso il Cristo.
La composizione è ricercata fin nei dettagli. Dürer raggiunge qui un culmine nella raffigurazione dell’Ultima Cena.
Con la spalla leggermente alzata il Cristo in un certo senso esclude Giovanni che sta seduto vicino a lui dal gravoso sapere che può condividere solo con uno. Quel che è ancora taciuto si manifesta nei tre momenti dell’agnello, del discepolo, del Cristo. Questa triade è centro e nucleo di quanto esprime l’immagine. Sopra vi è lo sguardo della notte attraverso il tondo nel muro, la notte che Giuda trova quando esce, dopo aver preso il boccone. “Ed era notte” è detto espressamente nel vangelo. La profondità illuminata del muro sta come una luna rovesciata sopra il nero. Nessuna falce di luna del Graal che porti delicatamente nella coppa il corpo di luce. Qui nello spazio, la notte non ha ancora il potere. Il triplice raggio intorno al capo del Cristo risponde all’oscura minaccia con una crescente luce spirituale. Inizia però già l’estraniarsi del Figlio di Dio dal Figliuol dell’uomo: la soglia della corporeità inizia a spezzarsi; non molto tempo dopo si separerà dal Figliuol dell’uomo al Monte degli Ulivi, “il giovinetto dalla veste bianca”.
Non si sa da dove venga la luce che riempie lo spazio. Le finestre non possono essere una spiegazione, poiché è notte. Non si vedono candele. Nell’arte del sud non si pone la questione. In Leonardo è ancora giorno dietro alla finestra. Qui, in particolare, si tratta di uno spazio interno. Dietro i discepoli vi sono spesse mura. In questa scena l’uomo può essere partecipe solo penetrando nella propria intima vita interiore. Ciò che un tempo era esteriore va cercato interiormente. Questo esige e comporta anche una diversa qualità.
E il gruppo formato dal Cristo con il discepolo che Gesù amava è l’intima interiorità. In quadri antecedenti si conosceva ancora l’antica tradizione, probabilmente più aderente alla scena storica, dove le figure erano sedute e il discepolo eletto era vicino al Cristo. Nel centro Europa questo elemento non compare, ma questo non è decisivo. La disposizione del gruppo centrale, in accordo con le figure che siedono intorno al tavolo, è una sorta di intensificazione verso l’interiorizzazione. Nei quadri tedeschi si rinuncia anche alla lunga tavola orizzontale del sud e si concentra la scena, la si raccoglie, facendo emergere l’interiorità. Dürer ci mostra così un culmine classico, classico nel senso del centro Europa.
 Hella Krause-Zimmer, da “Offenbare Geheimnisse der christlichen Jahresfeste“, Freies Geistesleben 2003
(Traduzione di Stefano Pederiva)

Milano, 9 aprile 2020
Fondazione Antroposofica Milanese



1 commento:

Unknown ha detto...

Molto interessante.Solo leggendo I tre anni di Bock ho scoperto che per Steiner colui che poggiò la testa sul cuore del Cristo sarebbe Lazzaro anzichè Giovanni.Grazie per la descrizione della xilografia.

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